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I MANNI
Gazzaniga è un paese ricco di storia, e seppur non vi siano numerose opere complete e organiche dove possano trovare risalto le vicende che ne hanno caratterizzato la vita lungo i secoli e i personaggi che di tali vicende sono stati i protagonisti, sono comunque a noi giunte diverse testimonianze.

Numerose sono infatti le personalità cui il paese seriano ha dato i natali e al quale essi hanno dato lustro, distinguendosi nel campo della cultura, dell’arte, della filantropia. I più lontani nel tempo sono i Manni, marmorari intarsiatori. I Manni appartennero ad una famiglia di artisti di origine ticinese che per quasi due secoli vissero nella nostra provincia, eseguendo un cospicuo numero di opere d’arte nelle chiese della diocesi.

Il ramo bergamasco della famiglia ebbe inizio con Bartolomeo, figlio di Andrea, che giunse a Bergamo nel 1670 proveniente da Rovio, sopra Capolago, nel Canton Ticino. Bartolomeo sposò Anna Poma di Gazzaniga da cui ebbe sette figli: tre femmine e i maschi Andrea (1673) Pietro Giacomo (1675) Carlo Antonio (1683) e Gian Giacomo (1687), che fu il più famoso e morì nel 1768. Discendenti dei Manni si ritrovano a Desenzano anche nell’800.

La ragione per cui i Manni si stabilirono a Gazzaniga è da ricercarsi, oltre che nell’origine della moglie del capostipite, anche nella presenza in loco di svariate cave di marmo: grigio venato a Nembro, cinereo striato di bianco a Vall’Alta, nero intenso a Orezzo, bianco rosato di Cene, alabastro a Gandino, rossiccio di Gavarno e rosso di Ardesio. L’attività dei Manni si svolse soprattutto tra il 1670 e il 1768, pressoché parallela a quella della famiglia di Grazioso Fantoni a Rovetta e dai suoi 5 figli: Andrea (il più celebre), Donato, Giambettino, Antonio, Giovanni. Ma, mentre i Fantoni eseguirono lavori tutti apprezzatissimi, in un primo tempo solo nel campo dell’arte del legno, di riquadratura, di ornato e di scultura, i Manni si esercitarono solo nell’arte del marmo. Scrive Luigi Angelici che i fratelli Manni seppero imprimere nelle opere, eseguite sempre collegialmente, una spigliata e briosa fantasia creativa e soprattutto una geniale ricerca di policromia e di preziosità esecutiva che doveva diffondere la fama intorno al loro nome.

Dopo la morte del capofamiglia Bartolomeo, la gestione del laboratorio di Gazzaniga si allargò sempre più, dando luogo alla numerosa serie dei lavori eseguiti per la città e la provincia. I lavori dei Manni erano tutti di estrema accuratezza e precisione di fattura: ognuno dei fratelli vi assumeva quella parte che era in particolar modo di sua competenza.

A Bergamo i Manni lavorarono all’altare della Cappella Colleoni, all’altare maggiore del Santuario di Borgo Santa Caterina (in un altare laterale della stessa chiesa è conservato un medaglione di S. Nicola, collocato nel paliotto sotto la mensa).

Dei Manni sono pure l’altare maggiore della chiesa Matris Domini, gli altari del Suffragio e di S. Antonio della chiesa di S. Alessandro della Croce, gli altari della chiesa di S. Lazzaro e S. Rocco, di S. Maria del Giglio, l’altare della cappella del Sacramento della chiesa di S. Bartolomeo, l’altare maggiore della chiesa di S. Grata in via Arena.

Le opere che i Manni realizzarono in provincia sono innumerevoli: soprattutto nella media Valeriana si trovano esempi dell’arte della fraterna Manni (Bartolomeo il padre, Andrea, Pietro Giacomo, Carlo Antonio e Giangiacomo), affini per carattere stilistico ma sempre vari di disegno e di colore e differenziati nell’uso e nell’accostamento dei marmi.